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Le lesioni C4-C5

Lesioni C4-C5: suggerimenti basilari di assistenza e cura

                          Presentazione al convegno C.N.O.P.U.S. dell’anno 2000

                                  

                                           Dott. Sergio Aito

Le lesioni midollari che coinvolgono i segmenti cervicali C4 e C5 sono le più gravi tra quelle compatibili con la sopravvivenza in respiro spontaneo. Infatti lesioni più alte comprometterebbero talmente la funzionalità del diaframma, da rendere il respiro insufficiente e quindi porterebbe in breve ad ipossia e morte.

Prima di tutto tracciamo le linee di demarcazione del campo in cui ci muoviamo quando parliamo di livelli neurologici C4 e C5.

l’American Spinal Injury Association (ASIA), ha definito uno standard di classificazione neurologica, che è poi stata adottata dall’ISCoS, ed è ormai diventato lo standard in tutte le strutture specializzate nella cura della para-tetraplegia.

Secondo questo standard si definisce livello neurologico il segmento più caudale del midollo spinale in cui siano conservate le funzioni motoria e sensitiva normali in entrambi i lati del corpo. Nella versione più recente di tale classificazione si sottolinea la necessità di definire un livello sinistro ed uno destro.

La più vecchia classificazione di Frankel è stata poi adottata anche dall’A.S.I.A. ed introdotta, assieme ad altre scale di valutazione di tipo funzionale, negli standard dell’ISCoS.

Secondo questa classificazione le lesioni midollari possono essere di 5 tipi:

A= Completa. La funzione sensitiva o motoria non è conservata nei segmenti sacrali S3- S5.

B= Incompleto. La funzione sensitiva, ma non quella motoria, è conservata sotto il livello neurologico e si estende ai segmenti sacrali S3-S5.

C= Incompleto. La funzione motoria  è conservata sotto il livello neurologico e la maggior parte dei muscoli chiave sotto quel livello ha un grado di forza muscolare minore di 3.

D= Incompleto. La funzione motoria è conservata sotto il livello neurologico e la maggior parte dei muscoli chiave sotto tale livello ha un grado di forza muscolare maggiore o uguale a 3.

E= non deficit neurologici.

Per definire il livello neurologico agli arti superiori, si testano alcuni movimenti chiave, a cui si dà un punteggio da 1 a 5.

Per il livello C4 non viene definito un movimento chiave, per cui, quando non viene rilevata attività motoria degli arti superiori, si definisce il livello come quello corrispondente a quello sensitivo. Si raccomanda, però, di testare il movimento del diaframma tramite fluoroscopia e la validità del muscolo deltoide.

Per il livello C5  il movimento chiave è la flessione del gomito.

Tale schematizzazione tiene conto del fatto che, pur essendo tutti i muscoli innervati da nervi i cui nuclei spaziano su più segmenti midollari, il maggior contingente di fibre proviene da un dato segmento.

Perciò un paziente definito C4 motorio avrà i seguenti muscoli indenni nella loro funzione:

-trapezio  (C2, C3, C4)

-sternocleidomastoideo  (C1, C2, C3, C4)

-scaleni  (parte delle loro fibre) (C4, C5, C6, C7)

-diaframma (parte delle sue fibre) (C3, C4, C5)

– elevatore della scapola (parte delle sue fibre)  (C3, C4, C5)

Quelli con livello C5 avranno funzionanti anche:

– romboide  (parte delle sue fibre)  (C5, C6)

– piccolo rotondo (parte delle sue fibre (C5, C6)

– sopraspinato   (parte delle sue fibre) (C5, C6)

– sottospinato   (parte delle sue fibre (C5, C6)

– deltoide  (parte delle sue fibre (C5, C6)

– grande rotondo (parte delle sue fibre) (C5, C6)

–  bicipite (parte delle sue fibre) (C5, C6)

– dentato anteriore (parte delle sue fibre )  (C5, C6, C7)

– sottoscapolare  (parte delle sue fibre ) ( C5, C6, C7, C8)

– gran pettorale  (parte delle sue fibre) (C5, C6, C7, C8, D1)

Dal punto di vista della sensibilità la situazione sarà la seguente:

C4: sensibilità tattile e dolorifica presente fino a livello delle clavicole , assente agli  arti superiori,  arti inferiori e al tronco.

C5: sensibilità tattile e dolorifica presente anche nella  superficie laterale delle braccia.

Può essere presente un’asimmetria destro – sinistra.

Naturalmente questo vale per le lesioni cosiddette complete e per quelle incomplete ASIA B.

Il discorso cambia notevolmente per le lesioni incomplete tipo Brown-Sequard o per quelle tipo centromidollari (Frankel C e D ).

Queste, oltre ad avere una prognosi totalmente diversa, presentano una evoluzione tutta particolare.

Infatti nelle prime residuerà spesso una paralisi parziale monolaterale o almeno prevalentemente da un lato, con alterazioni della sensibilità dal lato opposto, mentre nei secondi ci sarà un deficit motorio- sensitivo specie a carico degli arti superiori, con arti inferiori più validi che permettono in molti casi la deambulazione.

Naturalmente, quando il midollo cervicale viene interessato, si creeranno le situazioni più diverse, a seconda dell’area interessata dalla lesione. Questa dipenderà spesso dalle modalità del trauma, dalla qualità dell’assistenza subito dopo l’evento, oltre che dalle dimensioni del canale midollare, che, quando è troppo stretto, costituisce condizione aggravante della lesione. La misurazione del calibro del canale si effettua sulle Rx standard in proiezione laterale, o, meglio ancora sulle immagini TAC bi- o tri-dimensionali. La misura media di un adulto è di circa 12 o 13 mm, ma, sia per motivi di errori di proiezione che per variazioni individuali antropomorfiche, per definire l’ampiezza si misura l’indice di Pavlov, che è il rapporto tra il diametro antero-posteriore del canale e il diametro antero-posteriore del corpo vertebrale. Questo è in media 0.8; quando è più basso si parla di canale ristretto, viceversa si parla di canale ampio.

Quando la lesione neurologica nella sua fase acuta è di livello C4 o C5, il paziente sarà in condizioni critiche, tanto da avere sempre una prognosi riservata quoad vitam.

Durante le prime fasi della cura, che devono prevedere:

-un accurato esame neurologico,

-la perenne immobilizzazione della colonna spinale

-varie indagini diagnostiche.

Vanno costantemente monitorizzati i parametri vitali, quali il respiro, la pressione arteriosa e l’attività cardiaca, e corrette con interventi medici le anomalie funzionali.

Un attento esame clinico, preceduto da un’accurata anamnesi prossima e remota, deve essere volto a valutare lo stato neurologico della lesione. Attenzione deve essere posta all’attività respiratoria, che in questa fase, presenterà il cosiddetto respiro paradosso: espansione ridotta rispetto alla norma e lungo il diametro trasverso e rientramento a livello degli spazi intercostali dovuto alla caduta della pressione intratoracica, non contrastata a causa della paralisi dei muscoli intercostali.  Se gli scaleni sono ipovalidi rispetto al diaframma è spesso presente un rientramento della parte alta della gabbia toracica soprattutto all’inizio dell’inspirazione.

Una radiografia del torace corredato da uno studio dinamico (FLUOROSCOPIA) è volto a escludere la paralisi monolaterale del diaframma, che porterà come conseguenza una riduzione della Capacitò Vitale fino a 1000 cc. o ancora più bassa. L’esame dei gas ematici ci mostrerà sempre una diminuita concentrazione di O2 arterioso, di solito senza un aumento della CO2. Qualora quest’ultimo fattore  sia presente si dovrà ricorrere all’intubazione tracheale per la somministrazione di una ventilazione controllata (IPPV). Se non c’è aumento della CO2, si corregge l’ipossiemia con la semplice somministrazione di miscela di aria arricchita in O2, umidificata e riscaldata.

L’iter diagnostico comprende esami ematici, Rx del rachide in toto, TC, RMN, ecografia addominale, Rx e TC cranio per il possibile trauma cranico associato, e quant’altro si ritenga necessario date le condizioni del paziente.

Terminato l’iter diagnostico, che non dovrebbe protrarsi per più di 3 ore, si stabiliscono le modalità del trattamento. Esso deve avere la principale finalità di ristabilire le migliori condizioni anatomiche della colonna (riduzione della lussazione) e di immobilizzarla in quella posizione.

Questi scopi si raggiungono con  trattamento  conservativo  o  chirurgico.

Trattamento conservativo:  riduzione manuale, trazione cranica, immobilizzazione esterna con ortesi.

Trattamento chirurgico: riduzione chirurgica, liberazione del canale da frammenti, ampliamento del canale midollare (laminectomia, rimozione di parte o tutto il corpo vertebrale), stabilizzazione con mezzi meccanici (placche e viti per via anteriore, sistemi di ganci e molle per via posteriore, sistemi misti per via anteriore e posteriore, sempre accompagnati da artrodesi per una maggiore stabilità).

Non mi inoltrerò nelle problematiche delle indicazioni e controindicazioni di tali comportamenti terapeutici, ma sottolineerò un fattore spesso trascurato, che è quello della disponibilità e delle capacità chirurgiche del team. Spesso non si riescono ad applicare le tecniche più idonee, sia conservative che chirurgiche, per l’incapacità degli operatori chiamati ad intervenire, e quindi si deve perseguire la strada più idonea alle proprie capacità che meglio permette il raggiungimento di tale scopo, qualora non sia possibile affidare il paziente alle cure di un team esperto e specializzato.

Per una corretta cura e riabilitazione dei pazienti medullolesi con livello C4 e C5, è necessario conoscere le problematiche mediche che si presenteranno durante la degenza, iniziale e tardiva.

Esse si possono così elencare: 

A)  Scompensi respiratori.

Le alterazioni  respiratorie dopo lesioni C4 o C5 sono principalmente conseguenti alla disfunzione ventilatoria, specialmente per la fase espiratoria, e quindi  alla impossibilità o quasi a tossire e rimuovere le secrezioni tracheo-bronchiali. Anche se il diaframma  può da solo realizzare il 65% della capacità vitale, nella fase acuta, questi pazienti non supereranno in genere il 25-30% della C.V. teorica.

Essi perdono la maggior parte del volume di riserva espiratoria a causa della paralisi dei muscoli espiratori.

La drammatica riduzione della capacità vitale tende a migliorare, entro alcuni mesi dopo il danno, anche in assenza di recupero neurologico. I tetraplegici, infatti, tendono a raggiungere approssimativamente il 60% della capacità vitale teorica entro i 3 mesi dopo la lesione. Durante questo periodo si assiste anche alla  risoluzione del respiro paradosso della fase acuta.

 E’ importante sottolineare  che i volumi polmonari, nei pazienti tetraplegici, possono essere influenzati significativamente dalla posizione. La capacità vitale aumenta in posizione supina a causa dello spostamento del diaframma nel torace, che porta  ad  un aumento del  rapporto allungamento/tensione, con il conseguente aumento della forza di contrazione diaframmatica.

La diminuzione della capacità vitale in posizione eretta o seduta  può essere parzialmente corretta  dall’uso di pancere o corsetti.

La pressione inspiratoria è normalmente ridotta, ma tende a migliorare nel tempo man mano che diminuisce il movimento paradosso toracico e che la forza del diaframma aumenta, per effetto del training respiratorio.

Naturalmente anche la massima pressione espiratoria risulterà drammaticamente ridotta a causa della mancante attività della muscolatura espiratoria. La fase espiratoria in questi individui è esclusivamente prodotta da un fenomeno elastico passivo della gabbia toracica e del diaframma, e normalmente non migliora con il tempo se non sopravviene un recupero neurologico.

I test della funzionalità respiratoria degli individui con alti livelli di lesione  midollare dimostrano un tipico deficit ventilatorio di tipo restrittivo.

Nell’ottica della prevenzione delle complicanze, vanno monitorizzati la frequenza respiratoria, la capacità vitale, la saturazione periferica di O2, assieme all’analisi dei gas ematici, la spirometria, l’emocromo e gli elettroliti, durante tutta la fase acuta della malattia.

L’ascoltazione del torace deve essere eseguita frequentemente anche dal personale di assistenza infermieristica, onde verificare la presenza di secrezioni nell’albero tracheo – bronchiale, che, se non espulse, possono provocare ingombro bronchiale, atelettasie e processi pneumonici.

La somministrazione di O2 umidificato e riscaldato, di liquidi per via venosa, insieme a broncodilatatori e fluidificanti,  l’aiuto all’espettorazione e il continuo drenaggio posturale, vanno eseguiti durante l’arco delle 24 ore, durante tutta la fase acuta. Spesso può essere necessario ricorrere a broncoaspirazione mediante fibroscopia, qualora metodiche meno invasive non sortiscano il desiderato effetto. Attenzione deve essere posta durante la broncoaspirazione, perché l’ipossiemia può aumentare il  rischio di riflessi vagali, con possibili bradicardie e arresto cardiaco.

I maggiori problemi respiratori, nella nostra esperienza, sorgono in genere dopo la seconda-terza giornata dalla lesione.

Se la Capacità Vitale (CV) non supera i 1000 cc. bisogna sempre sospettare una paralisi monolaterale del diaframma, che viene indagata tramite radioscopia. Sotto tali valori diviene necessaria l’adozione di ausili ventilatori come la BIPAP o l’IPPB, sistemi di erogazione di pressioni positive aggiuntive al Volume Corrente spontaneo. Tali terapie possono essere somministrate tramite l’uso di maschera nasale o di un  semplice boccaglio, per periodi  limitati della giornata. Per la BiPAP si predilige la somministrazione durante le ore notturne.

Se i trattamenti medico, assistenziale e fisioterapico in fase acuta vengono effettuati in maniera corretta e tempestiva, si può spesso evitare il ricorso all’intubazione tracheale e alle protesi ventilatorie, le quali tecniche creeranno inevitabilmente problemi aggiuntivi, quali il difficile svezzamento, oltre al drammatico impatto psicologico negativo che la tracheotomia comporta.

Voglio però sottolineare il rischio del’affaticamento muscolare e del conseguente esaurimento, che la terapia conservativa può presentare, specie se la parziale denervazione del diaframma risulta essere soprattutto a carico del secondo motoneurone. 

La scelta del trattamento, perciò, deve tener conto di tutte le variabili, tra le quali voglio menzionare la disponibilità di personale adeguatamente addestrato al controllo dei parametri e alla somministrazione delle terapie prima elencate.

Quando la CV avrà raggiunto i 1500 cc. si potranno iniziare gli esercizi di spirometria incentiva, e quando la stabilità ossea del collo lo permetterà, saranno praticati esercizi isometrici di rafforzamento dei muscoli del collo e degli accessori. Esercizi di allungamento e di rilasciamento dovranno nello stesso tempo essere praticati, al fine di evitare l’accorciamento muscolare.

 Dopo un periodo variabile, che può andare fino a tre mesi, le condizioni respiratorie si stabilizzeranno ed un nuovo equilibrio si istaurerà tra la richiesta di ossigeno e la respirazione.

In conclusione voglio sottolineare il fatto che, per i tetraplegici, un buon trattamento respiratorio nella fase acuta, insieme al corretto trattamento medico generale, può ridurre le complicanze, il ricorso alla tracheotomia, oltre a creare le condizioni per una migliore performance respiratoria futura.

Ciò nonostante non si deve abbassare la guardia anche nel periodo post-acuto o addirittura dopo le dimissioni, in quanto complicanze respiratorie si possono verificare, come accade spesso, anche a distanza di mesi o anni dopo l’evento acuto.

Per tutti i pazienti con lesioni C4 e C5 si consiglia un training  all’uso di supporti ventilatori moderni, come la BiPAP, che potrà essere utile al proprio domicilio in casi di aumentata richiesta di ossigeno, come ad esempio durante periodi di febbre da infezioni varie, o addirittura durante affezioni delle alte vie respiratorie. L’uso, anche sporadico di ausili ventilatori, può evitare il peggioramento respiratorio e l’inevitabile successiva ospedalizzazione.   

Voglio qui ricordare la “sleep apnea”, che può colpire questi pazienti durante le ore notturne. In questi casi diventa indicato l’uso notturno della BiPAP, che eviterà i ripetuti risvegli angoscianti e garantirà un minore affaticamento diaframmatico, a cui conseguono l’inevitabile astenia diurna.

B) Scompensi cardiocircolatori.

  Il cuore è innervato sia dal sistema simpatico (nodo S.A., fascio A.V. e ventricoli) che dal sistema parasimpatico, nervo vago, (nodo S.A., nodo A.V.) . La stimolazione simpatica aumenta la frequenza di scarica del nodo S.A., aumenta la conduzione attraverso il nodo A.V., con conseguente aumento della contrazione miocardica. La  stimolazione parasimpatica (vagale) diminuisce la frequenza cardiaca, riduce la conduzione atrioventricolare  e la contrazione atriale.

I vasi sanguigni ricevono un’innervazione simpatica e in minima parte parasimpatica.

 Dopo il trauma si osserva una perdita  del controllo nervoso simpatico con conseguente ipotensione  (perdita del tono vasomotore dei vasi periferici  e vasodilatazione) e bradicadia, a causa della prevalente stimolazione vagale. Sono fenomeni che si osservano nella fase acuta dello shock spinale.

Nelle fasi successive della malattia si può assistere a fenomeni di disreflessia con ipertensione, cefalea e rush cutaneo che possono sfociare in edema polmonare o emorragia cerebrale.

La  situazione emodinamica, aggravata dalla paralisi muscolare degli arti inferiori che interrompe la funzione di pompa sulle vene, crea una particolare predisposizione allo svilupparsi di una Trombosi Venosa Profonda (TVP).

 La monitorizzazione di Pressione Arteriosa, Frequenza Cardiaca e  Pressione Venosa Centrale e dei fattori di coagulazione compreso il fibrinogeno, rappresentano misure standard di profilassi delle alterazioni cardiocircolatorie. Anche l’utilizzo di gambali per la compressione pneumatica esterna sequenziale, associata all’uso dell’eparina a basso peso molecolare, risulta essenziale nella prevenzione della TVP e dell’embolia polmonare.

C) Scompensi metabolici.

  Si  osserva una iperglicemia da stress e da somministrazione massiva di cortisonici, e una ipoproteinemia da aumentato catabolismo proteico.

Il ricambio del calcio è particolarmente alterato nei medullolesi. Recenti studi hanno dimostrato che i medullolesi sono soggetti alla osteoporosi in maniera elevata e non confrontabile con nessun’altra patologia, perfino tumorale. Tali ricercatori consigliano una costante prevenzione dell’ipocalcemia e un continuo controllo osseo per evitare il rischio di fratture. L’osteoporosi risulta essere a carico delle ossa lunghe e non delle vertebre. 

D) Squililbri idroelettroliltici.

  Iponatriemia e ipopotassiemia da eccessiva eliminazione renale e difficilmente controllabile con la terapia parenterale.

Una sindrome da inadeguata secrezione di ADH può  presentarsi in tutti i casi con associato trauma cranico.

Si devono dosare quotidianamente gli elettroliti plasmatici e urinari.

La mobilizzazione precoce può ridurre l’iperincrezione di renina.

E) Disturbi della termoregolazione.

  Può presentarsi ipertermia che può far sospettare infezioni (urinarie, ematiche, respiratorie, valvolari cardiache) o una T.V.P, che deve essere indagata mediante ecocolordoppler.

Una volta escluse cause infettive si parla di disturbi di termoregolazione che vengono trattati con raffreddamento esterno e se necessario con somministrazione di cocktails  litici.

F) Alterazioni dei fattori della coagulazione.

  Aumento del fibrinogeno, diminuzione di AntiTrombina III che può ridurre la risposta agli anticoagulanti e frequnte piastrinopenia da ipersensibilità all’eparina.

Attività protrombinica, I.N.R:, PTT, fibrinogeno e piastrinemia vengono dosati da 1 o  2  volte a settimana, a seconda delle necessità individuali.

G) Disturbi gastroenterici.

  Dilatazione gastrica e paralisi intestinale  possono durare da 4 – 5 giorni fino a 15 giorni  ed oltre l’evento traumatico  ed impongono la sospensione della nutrizione orale.

Le ulcere da stress possono essere prevenute mediante somministrazione di gastroprotettori e la somministrazione di piccole quantità di cibo cremoso (yogurt, gelato).

La somministrazione di prostigmina per via intramuscolare, al fine di aumentare la motilità intestinale, può provocare crisi di bradicardia fino all’arresto cardiaco.

H) Alterazioni delle funzioni vescico – urinarie.

  Durante la fase acuta ci troviamo  di fronte ad una vescica flaccida  e atonica. Nei primi giorni, durante la somministrazione di liquidi parenterali, il controllo orario della diuresi impone un cateterismo vescicale a permanenza e, successivamente,  si passa a  cateterismi intermittenti, se le condizioni  lo permettono. L’esame delle urine, l’urinocoltura e gli esami di funzionalità renale si eseguono durante  la fase acuta. Prima di iniziare la riabilitazione vescicale viene esseguita una ecografia della pelvi  per verificare le condizioni morfologiche dell’apparato urinario.

Il cateterismo sovrapubico, eseguito di routine nella fase acuta in alcuni centri, deve essere preso in considerazione al fine di una maggiore autonomia.

I) Infezioni.

  Le infezioni più ricorrenti sono : broncopolmonite, infezioni urinarie, tromboflebite e setticemia.

L)  Dolore.

  Il dolore dovuto al trauma  è facilmente dominabile dagli analgesici, mentre il dolore da deafferentazione di tipo costrittivo al torace o alle braccia, trafittivo o riferito come parestesie o iperalgesia, che si presenta precocemente nei casi di lesioni incomplete, va trattato con  antidepressivi triciclici o antiepilettici insieme a cortisonici a basse dosi  e FANS.

M)  Agitazione psicomotoria.

  Deriva da varie cause : psicosi pregresse, concomitante trauma cranico, incapacità ad accettare lo stato  di estremo malessere, dolore, età, abnorme reazione a farmaci tranquillanti. Una consulenza psichiatrica  ci può aiutare a trovare la miglliore soluzione terapeutica per affrontare tali situazioni. 

Condizioni aggravanti sono poi le eventuali patologie pregresse e i traumo associati.

Oltre a dover tenere sotto controllo le alterazioni di  cui abbiamo  parlato, nell’ottica di definire un  programma riabilitativo che possa dare il massimo dei risultati, bisogna  focalizzare  l’attenzione sulla prognosi del recupero neurologico.

Vari studi sono stati condotti negli ultimi anni, specialmente dagli autori statunitensi, assillati dai ristretti tempi a loro disposizione per la riabilitazione globale in regime di ricovero. Essi sono volti a definire meglio il recupero neurologico delle lesioni cervicali e soprattutto il timing.

Le cause di lesione sono quelle esposte nei grafici, rispettivamente per i due livelli di lesione. Sostanzialmente le cause sono simili, con una relativa alta incidenza di cadute dall’alto e traumi da tuffo.

 Dall’analisi dei dati si deduce che:

L’ 80%delle lesioni C4 e il 90% delle lesioni C5 che all’ingresso erano ASIA A, rimangono tali alle dimissioni.

Che le ASIA B all’ingresso, per più del 50% evolvono positivamente.

Le ASIA C e D hanno una prognosi ancora più favorevole.

Per quanto riguarda il recupero neurologico al livello della lesione, possiamo notare che il 21% dei C4 diventano C5, il 2,5% C7 e il 2,5% C8. Il recupero è ancora più eclatante per gli ASIA B e C all’ingresso. Lo stesso accade per le lesioni C5.

Essendo il comportamento riabilitativo diverso per i differenti livelli di lesione, bisogna tener presente le possibilità di recupero, soprattutto nel timing riabilitativo

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