La valutazione della qualità di vita: metodologie e problematiche.
Sergio Aito, Lucia Farsetti
Livigno, 2005
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Introduzione
Il concetto di qualità di vita è molto antico: già Epicuro, nel IV secolo a. C., scrisse: “Una salda conoscenza dei bisogni inclina a ricondurre ogni assenso o diniego al benessere del corpo ed alla piena serenità dell’animo, poiché questo è il fine della vita felice. A questo fine noi rivolgiamo ogni nostra azione, per allontanarci dalla sofferenza e dall’apprensione”.
Esso è stato applicato inizialmente in sociologia e solo successivamente in ambito medico; manca tuttavia di una definizione chiara ed è stato utilizzato, senza approcci univoci, nelle ricerche in ambito medico riferito sia a condizioni materiali e misurabili sia a tutte quelle esperienze soggettive che rendono la vita significativa e degna di essere vissuta.
L’OMS definisce la Q.d.V. come una “ percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni”.
Attualmente, in merito alla misurazione della Q.d.V., non è stato raggiunto un consenso sul significato della stessa (misurare condizioni oggettive di benessere personale e sociale oppure misurare il percepito benessere da parte del soggetto?), su chi la dovrebbe misurare, o se la misura di una qualità sia davvero scientificamente perseguibile.
Per gli usi medici è stato introdotto il concetto di Health related quality of life (HRQoL ) definita come “l’insieme degli aspetti qualitativi della vita dell’individuo correlabili ai domini della malattia e della salute, e pertanto modificabili dalla medicina.”
La HRQoL è maggiormente orientata alla valutazione della performance funzionale più che alla percezione soggettiva della qualità di vita, ed è, perciò, riferita per lo più a condizioni materiali, come per esempio alla rilevazione della frequenza nell’esecuzione di atti della vita quotidiana nei vari ambiti personali e sociali, più che alla rilevazione dell’intensità di soddisfazione nell’eseguirli.
Tale strumento può avere importanti applicazioni in medicina per:
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Valutare l’impatto della malattia sulla sensazione di benessere dei pazienti.
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Valutare l’efficacia di una strategia terapeutica nei trials randomizzati e controllati, ma anche l’efficacia di una terapia nell’applicazione quotidiana.
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Fornire informazioni utili sulla prognosi di una malattia e sull’esito atteso di una terapia.
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Valutare il rapporto costo/efficacia di una terapia.
Se si considera invece la Q.d.V. come un insieme di percezioni soggettive, le metodiche di valutazione e di misurazione diventano più vaghe. Comunque il modo migliore per valutarla è tutt’oggi ritenuta l’intervista tramite domande dirette; ma, viste le difficoltà pratiche e la scarsa confrontabilità di tale metodo, si preferisce ricorrere a questionari sintetici (per una valutazione generale tramite singoli items) o analitici, generici o specifici per malattia.
La valutazione dei targets della salute dovrebbe comunque soddisfare i criteri “SMART”: specificità, misurabilità, accuratezza, essere realistici e non oltrepassare determinati limiti di tempo.
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Valutazione e misurazione della qualità di vita: soggettiva/oggetiva; qualitativa/quantitativa
L’approccio nella misurazione della Q.d.V più che un problema puramente metodologico, è un problema filosofico ed epistemologico e nel tempo ha interessato numerosi studiosi, ma i tentativi di comparare i risultati di più studi sono spesso inficiati dall’ambiguità concettuale nell’utilizzo di termini come soddisfazione di vita, benessere e qualità di vita a volte usati intercambiabilmente senza essere chiaramente definiti (Ville).
Gerhart ha osservato, a questo proposito, che il nostro modo di agire, di dare raccomandazioni o anche semplicemente di comunicare la nostra qualità di vita sono attitudini profondamente radicate in noi e le persone da valutare, nel caso siano disabili, necessitano di informazioni accurate sia da parte dei loro care-givers sia da parte di altri pazienti che vivono con una disabilità assimilabile.
Gli studi condotti sulla Q.d.V hanno dimostrato la discrepanza tra valutazione soggettiva e oggettiva delle stesse vite, infatti DeLisa ed altri hanno notato che le assunzioni di coloro che non sono disabili non hanno correlazioni con la realtà della vita di persone con disabilità (lesione midollare) e che spesso (v. Gerhart e Corbet) l’informazione fornita dai professionisti della salute è influenzata dalle convinzioni negative di una menomazione sulla Q.d.V. da parte della società, portando quindi ad un atteggiamento di ricerca basato su un “ consenso non informato”, e quindi scarsamente scientifico.
Oltre ai problemi di confronto e coesione delle ricerche sulla Q.d.V, la ricerca in tale ambito è problematica per altre ragioni:
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il tentativo di quantificare un’esperienza qualitativa effettivamente cancella la differenza tra quantitativo e qualitativo, distorcendo così parzialmente la realtà.
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I gruppi di items ritenuti importanti e perciò inseriti nei vari studi tradizionali sulla Q.d.V sono stati selezionati da “esperti” le cui scelte riflettono inevitabilmente i loro valori e la loro cultura e non si possono quindi considerare né neutrali né oggettivi.
Gli antropologi e i ricercatori sulla disabilità fanno notare come la concezione della Q.d.V nei paesi occidentali rifletta una specifica cultura e non valori universali; ad esempio Wolfensberger ha notato che la valutazione della Q.d.V riflette gli enormi valori della cultura dominante e delle classi privilegiate. Dijkers sostiene che la misura della Q.d.V non è uno sforzo privo di valore, ma spesso gli strumenti per valutarla parlano più delle priorità e dei valori del ricercatore che della Q.d.V del paziente.
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Molti ricercatori hanno dimostrato la discrepanza tra la valutazione oggettiva (la loro) della Q.d.V e la soddisfazione soggettiva di tale vita; ciò porta i ricercatori a concludere che la misurazione della Q.d.V dovrebbe essere determinata dallo stesso paziente.
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Altri ricercatori spesso hanno utilizzato, senza commenti, strumenti di valutazione presi in prestito da ricerche su una popolazione con differenti problematiche ( p.es. affette da patologie croniche diverse da quelle oggetto dello studio, come la geriatria a l’oncologia). Dunnum ha usato la Life Satisfaction for the Elderly Scale per un gruppo di pazienti che aveva circa 18 anni. The Life Satisfaction Index-A (LSI) è molto più adatto per le persone con più di 65 anni, ma è stato usato in alcuni studi su persone con lesione midollare, considerando che negli USA l’età media di lesione midollare è 32 anni e che il 55% di lesioni interessa persone tra i 16 e i 30 anni e che, mentre la maggioranza degli anziani sono donne, circa l’82% dei pazienti con lesione midollare sono uomini. Presumibilmente questi ricercatori non hanno considerato l’età come un fattore che può influenzare la Q.d.V. Nieves ha indagato la Q.d.V nei pazienti con lesione midollare, usando uno strumento di misura concepito per i pazienti affetti da cancro.
Scale di valutazione della Q.d.V.
La misurazione della Q.d.V dovrebbe, comunque, essere sempre supportata da valutazioni di parametri funzionali fisici e psichici che la possono influenzare fortemente come ad esmpio:
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FIM, SCIM, QIF, per la valutazione della funzione fisica, intesa in termini di indipendenza ed autonomia nella vita quotidiana
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HAD (hospital anxiety and depression scale), GHQ (general health questionnaire), Mental health summary scale of SF-36, per la valutazione in ambito psico-affettivo
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VAS per il dolore
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ASIA per la classificazione neurological delle lesioni midollari
Le scale di valutazione della Q.d.V ritenute “oggettive” sono quelle che valutano la HRQoL. Tra esse si annoverano:
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SF-36 ( short form 36 health survey) o SF-32 (short version)
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SIP (sickness impact profile) o FLP in UK (functional limitations profile)
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QWB (quality of well-being scale)
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SCIQL (spinal cord injury QoL questionnaire)
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NHP (Nottingham health profile)
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EUROQoL (valutazione del benessere: indici di salute)
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C.H.A.R.T. (Craig Handicap Asessment and Reporting Technique )
Le scale di valutazione della Q.d.V ritenute « soggettive » sono :
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WHOQOL-100 e WHOQOL-BREF (strumento dell’OMS, disponibile in 20 lingue; gli items, inerenti la Q.d.V generale soggettiva e la salute, sono stati individuati tramite la collaborazione di pazienti con diverse disabilità, di medici ed altri professionisti della salute e di persone comuni in buono stato di salute; il tutto in numerosi ambiti culturali. Il BREF può essere auto-somministrato in pazienti collaboranti);
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LSI (life satisfaction index)
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LSQ-R (life satisfaction questionnaire)
A nostro avviso lo studio ideale per la HRQoL dovrebbe contenere entrambe le dimensioni di valutazione, quella oggettiva e quella soggettiva. I vari domini ( integrazione sociale, lavoro, indipendenza economica, relazioni sentimentali, etc.) dovrebbero essere esaminati attraverso le misurazioni di items che riportino i valori prima e dopo l’evento patologico e, al tempo stesso, il grado di soddisfazione per singolo item prima e dopo l’evento. Questa ideale metodica sicuramente limiterebbe al massimo gli errori di valutazione, ma, probabilmente, sarebbe troppo lunga e difficoltosa da somministrare.
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La valutazione della Q.d.V nelle persone con lesione midollare
La qualità di vita è, a buon ragione, diventata sia lo scopo ultimo della riabilitazione nei traumi midollari, che la chiave dei risultati nel determinare l’efficacia della stessa riabilitazione.
Le meta-analisi della ricerca sulla Q.d.V dopo lesione midollare riportate da Dijkers et al. hanno dimostrato l’ampia varietà di progetti e strumenti, modalità di analisi e di caratteristici campioni che rendono il confronto e le conclusioni problematici.
Hallin in una revisione su queste difficoltà ha identificato la necessità di costruire attentamente strumenti condizione-specifici che possano catturare le dimensioni di specifico interesse per le lesioni midollari.
Si è visto che il numero di differenti strumenti usati per valutare la Q.d.V. dopo lesione midollare è quasi uguale al numero di studi condotti. Inoltre pochi studi qualitativi sono stati impostati usando misurazioni in accordo con i punti di vista dei pazienti, nonostante il crescente riconoscimento del valore di questo approccio.
Duggan e Lysack hanno riportato un’indagine qualitativa sui cambiamenti nell’autovalutazione della Q.d.V. dal momento della lesione a 30 mesi dopo la lesione: essa declina bruscamente 6 mesi dopo la lesione per molti pazienti, ma per la maggior parte di questi la Q.d.V. autovalutata subisce un incremento a un anno dopo la lesione. Tale andamento crescente viene attribuito al passaggio del tempo, al cambiamento dei valori e alla revisione del concetto di sé. La Q.d.V. risulterebbe così una equazione di fattori di menomazione, personali e ambientali.
Sebbene fosse già stata individuata l’importanza della modificazione dei valori e della revisione del concetto di sé per la percezione della Q.d.V. nelle persone con lesione midollare , questi items non sono stati indagati forse perché non riconducibili ad analisi quantitative, comunque il fatto che i parametri sono instabili va sempre tenuto in considerazione nella sua valutazione o misura.
Dall’ articolo “Quality of life in patients with spinal cord injury – basic issues, assessment, and recommendations” di S.Wood-Dauphinée and the SCI Consensus Group pubblicato su Restorative Neurology and Neuroscience 20 (2002) 135-149, emerge il consenso, ma non ancora una univoca linea guida, sulle valutazioni necessarie nelle persone con lesione midollare: prima della dimissione, indispensabili per il programma riabilitativo, dovrebbero essere effettuati FIM, HAD, VAS per il dolore, mentre dopo la dimissione (durante follow-up) dovrebbero essere effettuati CHART, SF-36, QWS o LSQ.
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Lo studio di Firenze
Abbiamo condotto uno studio sulla Q.d.V. delle persone con lesione midollare traumatica poiché riteniamo che i tentativi di quantificare e verificare la Q.d.V. dei nostri pazienti sono indispensabili per determinare gli outcomes in una data regione e per una data gravità di lesione; questo potrebbe permettere sia di individuare i pazienti che si discostano significativamente dalla media attesa, indirizzando su di essi un diverso impegno sia riabilitativo che sociale e psicologico, sia di pianificare gli interventi più genericamente utili alla prevenzione secondaria e al miglioramento della loro Q.d.V.. Abbiamo pertanto deciso di analizzare una popolazione di medullolesi da trauma il più omogenea possibile dal punto di vista ambientale ed abbiamo scelto tutti i residenti nella provincia di Firenze, dove i livelli di assistenza socio-sanitaria sono equiparati. Di questa popolazione abbiamo voluto analizzare i dati clinici e quelli sociali e verificare le possibili correlazioni tra i vari dati. Per l’analisi della Q.d.V. abbiamo deciso di adottare il questionario C.H.A.R.T. (Craig Handicap Assessment and Reporting Technique), validato negli USA, oltre che in altri paesi come la Cina e il Giappone, ed utilizzato per gli studi NASCIS, in quanto abbiamo condiviso l’opportunità di rispondere ai parametri suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la disabilità, per poi disporre di dati eventualmente confrontabili con altre più ampie casistiche. Per l’analisi dei parametri clinici abbiamo utilizzato un questionario appositamente studiato dal gruppo di lavoro dell’Unità Spinale di Firenze.
Lo studio, iniziato nel Settembre 2001 e terminato nel dicembre 2003, è stato condotto da un’équipe multidisciplinare (medici, psicologi, terapisti della riabilitazione, personale infermieristico) dell’Unità Spinale in collaborazione con l’U.O. di Epidemiologia dell’Azienda Ospedaliera Careggi; si è basato sui dati clinico dei pazienti relativo al periodo di ricovero (da 4 a 12 mesi a seconda del quadro clinico) e ai controlli ambulatoriali che fanno parte del protocollo di follow-up della struttura.
Tutti i pazienti erano affetti da esiti di lesione midollare traumatica, il cui evento risaliva ad almeno 12 mesi prima dell’inizio dello studio, erano residenti nella provincia di Firenze, che conta una popolazione complessiva di circa 936.000 abitanti.
Sono state censite 174 persone vive (102 M e 29 F ). Di queste solo 131 hanno risposto. Dei 41 che non hanno risposto, 31 erano risultati irreperibili e 10 si sono rifiutati di sottoporsi all’intervista.
Riportiamo alcuni dati preliminari:
dall’analisi descrittiva dei dati della scheda informativa si evince che l’età maggiormente interessata dalla lesione midollare è quella compresa tra i 26 e i 50 anni, con età media pari a 49 anni (mediana 45) con rapporto M:F di 4:1.
Il 55% dei pazienti percepisce una pensione dopo l’evento traumatico, mentre soltanto l’8% percepiva una pensione prima della lesione
Il 93% dei pazienti. abita presso il proprio domicilio; in particolare, nella nostra popolazione non abbiamo osservato alcun paziente di età oltre 64 anni con sistemazione in residenza sanitaria, indicando che una scelta di tale tipo è più frequentemente collegata a fattori familiari e sociali che non all’età stessa.
Per quanto riguarda i dati clinici si conferma la lieve prevalenza delle lesioni del distretto toraco-lombare (52%), con pressoché equa ripartizione fra lesioni complete (53%) e incomplete (47%). Le cause di maggior frequenza sono gli incidenti stradali (55%) e in secondo luogo le cadute dall’alto (28%). In circa nel 17% dei casi il trauma viene riconosciuto come incidente sul lavoro.
Circa il 70% dei pazienti va incontro ad ulteriori ricoveri dopo la dimissione dalla fase acuta post-traumatica, sia per motivi riabilitativi che per le complicanze terziarie della fase stabilizzata, prevalentemente lesioni cutanee da pressione ed episodi infettivi.
Il dolore è riferito, nelle sue varie modalità, in circa il 59% dei pz.; nel 46% dei pazienti ha modalità continuativa. Il dolore neuropatico si presenta sia nelle forme incomplete che in quelle complete (31% degli incompleti vs 28% dei completi), con prevalenza complessiva a livello lesionale per il 20% e a livello sotto-lesionale per il 77%.
L’ipertono è riferito invece nel 64% dei pz., ma solo nel 8% dei pazienti in forma grave.
Nella popolazione in esame solamente il 13% delle persone sono andate incontro a lesioni cutanee da pressione. Si nota dai nostri dati che questa complicanza è particolarmente soggetta a recidive (l’88% dei pazienti. che accusano una lesione cutanea da decubito ne ha avute altre in precedenza).
Il 75% circa dei pazienti è autonomo nella gestione della vescica e il 66% in quello dell’evacuazione intestinale. Circa il 57% dei pazienti intervistati non ritiene i Servizi sociali territoriali un punto di riferimento per le proprie problematiche. Non è evidente se chi vi ricorre è soddisfatto o no.
Attività sportive erano praticate dal 62% delle persone del nostro campione prima della lesione midollare mentre dopo il trauma solo il 23% dei soggetti dichiara di praticare sport.
Analizzando i dati emersi dalla somministrazione del questionario CHART si osserva che i soggetti con lesione midollare esaminati raggiungono un buon punteggio relativo all’ indipendenza fisica (62% dei pz. con punteggio > 75), alla mobilità (63% > 75), all’indipendenza cognitiva (58% > 75) e integrazione sociale (80% > 75), mentre nei confronti dell’occupazione lavorativa solo il 34% del campione raggiunge un punteggio superiore a 75. Non si individua la distribuzione per livello e grado di tali risultati.
Sono state eseguite inoltre correlazioni fra alcuni dati anamnestici e i punteggi relativi alla valutazione del grado di handicap ed è emerso che:
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il punteggio relativo all’occupazione risulta direttamente proporzionale al maggiore titolo di studio; ciò può essere letto in relazione alla maggiore facilità per le persone con lesione midollare di occupazione in attività “intellettuali”, piuttosto che “manuali”;
2. l’uso di una carrozzina per gli spostamenti risulta inversamente proporzionale ai punteggi relativi all’indipendenza fisica, a quella cognitiva, alla mobilità ed integrazione sociale, parametri che risultano più elevati in chi può spostarsi senza carrozzina;
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la presenza di dolore e di forte spasticità sono inversamente associate con i punteggi di indipendenza fisica, confermando che dolore e spasticità limitano in maniera significativa l’indipendenza fisica di questo tipo di patologia;
4. una gestione autonoma della vescica risulta direttamente proporzionale con i punteggi relativi all’indipendenza fisica, a quella cognitiva, alla mobilità ed all’occupazione, testimoniando l’importanza che l’autonomia della gestione vescicale sia fra gli obbiettivi
principali della riabilitazione vescicale effettuata nei centri di cura e riabilitazione di questo tipo di patologia;
5. altrettanto vale per l’autonomia nella gestione della evacuazione intestinale che risulta correlata con gli stessi items dell’autonomia vescicale con l’aggiunta di una maggiore integrazione sociale;
6. la pratica sportiva dopo la lesione appare direttamente correlata con una buona mobilità ed è maggiore significativamente nelle persone con una occupazione rispetto a chi non lavora;
7. l’esercitare una attività lavorativa risulta direttamente proporzionale con un buon punteggio di mobilità;
8. la presenza di un coniuge è direttamente proporzionale con un buon punteggio relativo all’integrazione sociale.
Altre ricerche in Italia
E’ interessante menzionare la ricerca sulla qualità di vita eseguita dal gruppo GISEM, quale evoluzione dello studio GISEM 1, eseguito su un campione di circa 2000 pazienti affetti da lesione midollare traumatica e non traumatica, ricoverati in 35 Centri di Riabilitazione comprendenti tutte le Unità Spinali italiane. Questo secondo studio, denominato GISEM 2 FU, in via di pubblicazione, ha utilizzato un questionario appositamente costruito che riporta fondamentalmente aspetti della qualità di vita percepita dalle persone con esiti di lesione midollare.
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